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maestro, mio padre e mia madre sono scontenti. Non
provo più neppure il piacere di prima a divertirmi,
quando lavoravo di voglia, e poi saltavo su dal tavolino e
correvo ai miei giochi pieno d allegrezza, come se non
avessi più giocato da un mese. Neanche a tavola coi miei
non mi siedo più con la contentezza d una volta. Sempre
ho come un ombra nell animo, una voce dentro che mi
dice continuamente: non va, non va. Vedo la sera
passar per la piazza tanti ragazzi che tornan dal lavoro,
in mezzo a gruppi d operai tutti stanchi ma allegri, che
allungano il passo, impazienti di arrivar a casa a mangia-
re, e parlano forte, ridendo, e battendosi sulle spalle le
mani nere di carbone o bianche di calce, e penso che
hanno lavorato dallo spuntar dell alba fino a quell ora; e
con quelli tanti altri anche più piccoli, che tutto il giorno
son stati sulle cime dei tetti, davanti alle fornaci, in mez-
zo alle macchine, e dentro all acqua, e sotto terra, non
mangiando che un po di pane; e provo quasi vergogna,
io che in tutto quel tempo non ho fatto che scaraboc-
chiare di mala voglia quattro paginuccie. Ah sono scon-
tento, scontento! Io vedo bene che mio padre è di malu-
more, e vorrebbe dirmelo, ma gli rincresce, e aspetta
ancora; caro padre mio, che lavori tanto! Tutto è tuo,
tutto quello che mi vedo intorno in casa, tutto quello
che tocco, tutto quello che mi veste e che mi ciba, tutto
quello che mi ammaestra e mi diverte, tutto è frutto del
tuo lavoro, ed io non lavoro, tutto t è costato pensieri,
privazioni, dispiaceri, fatiche, e io non fatico! Ah no, è
troppo ingiusto e mi fa troppa pena. Io voglio comincia-
re da oggi, voglio mettermi a studiare, come Stardi, coi
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Edmondo De Amicis - Cuore
pugni serrati e coi denti stretti, mettermici con tutte le
forze della mia volontà e del mio cuore; voglio vincere il
sonno la sera, saltar giù presto la mattina, martellarmi il
cervello senza riposo, sferzare la pigrizia senza pietà, fa-
ticare, soffrire anche, ammalarmi; ma finire una volta di
trascinare questa vitaccia fiacca e svogliata che avvilisce
me e rattrista gli altri. Animo, al lavoro! Al lavoro con
tutta l anima e con tutti i nervi! Al lavoro che mi renderà
il riposo dolce, i giochi piacevoli, il desinare allegro; al
lavoro che mi ridarà il buon sorriso del mio maestro e il
bacio benedetto di mio padre.
Letteratura italiana Einaudi 116
Edmondo De Amicis - Cuore
Il vaporino
10, venerdì
Precossi venne a casa ieri, con Garrone. Io credo che
se fossero stati due figliuoli di principi non sarebbero
stati accolti con più festa. Garrone era la prima volta che
veniva, perché è un po orso, e poi si vergogna di lasciar-
si vedere, che è così grande e fa ancora la terza. Andam-
mo tutti ad aprir la porta, quando suonarono. Crossi
non venne perché gli è finalmente arrivato il padre
dall America, dopo sei anni. Mia madre baciò subito
Precossi mio padre le presentò Garrone, dicendo: Ec-
co qui; questo non è solamente un buon ragazzo; questo
è un galantuomo e un gentiluomo. Ed egli abbassò la
sua grossa testa rapata, sorridendo di nascosto con me.
Precossi aveva la sua medaglia, ed era contento perché
suo padre s è rimesso a lavorare, e son cinque giorni che
non beve più, lo vuol sempre nell officina a tenergli
compagnia, e pare un altro. Ci mettemmo a giocare, io
tirai fuori tutte le cose mie; Precossi rimase incantato
davanti al treno della strada ferrata, con la macchina che
va da sé, a darle la corda; non n aveva visto mai; divora-
va con gli occhi quei vagoncini rossi e gialli. Io gli diedi
la chiavetta perché giocasse, egli s inginocchiò a giocare,
e non levò più la testa. Non l avevo mai visto contento
così. Sempre diceva: Scusami, scusami, a ogni pro-
posito, facendoci in là con le mani, perché non fermassi-
mo la macchina, e poi pigliava e rimetteva i vagoncini
con mille riguardi, come se fossero di vetro, aveva paura
di appannarli col fiato, e li ripuliva, guardandoli di sotto
e di sopra, e sorridendo da sé. Noi, tutti in piedi, lo
guardavamo; guardavamo quel collo sottile, quelle po-
vere orecchine che un giorno io avevo visto sanguinare,
quel giacchettone con le maniche rimboccate, da cui
uscivano due braccini di malato, che s erano alzati tante
volte per difendere il viso dalle percosse& Oh! in quel
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Edmondo De Amicis - Cuore
momento io gli avrei gettato ai piedi tutti i miei giocatto-
li e tutti i miei libri, mi sarei strappato di bocca l ultimo
pezzo di pane per darlo a lui, mi sarei spogliato per ve-
stirlo, mi sarei buttato in ginocchio per baciargli le mani
Almeno il treno glielo voglio dare, pensai; ma biso-
gnava chiedere il permesso a mio padre. In quel mo-
mento mi sentii mettere un pezzetto di carta in una ma-
no; guardai: era scritto da mio padre col lapis; diceva:
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