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devo che fossimo tutti d'accordo. La nostra meta è Narnia, no?
 Be', sì  disse Aravis. Cominciava a domandarsi che cosa avrebbe
fatto una volta arrivata a Narnia, da sola.
 Certo, certo  intervenne Bri un po' precipitosamente.  Ma non c'è
bisogno di affrettare le cose, capisci cosa voglio dire?
 Sinceramente, non lo capisco  rispose Uinni.  Perché non vuoi
venire?
 Mmm, bruuh-uuh  farfugliò Bri.  Mia cara, è un'occasione im-
portante! Tornare al paese natale, entrare di nuovo in società e frequentare
quelli che contano... È essenziale fare una buona impressione. Non ci si
può presentare in queste condizioni, non ti pare?
Uinni scoppiò a ridere come fanno i cavalli:  È per via della coda, eh,
Bri? Ora capisco, vuoi aspettare fino a che non ti sarà ricresciuta. Che
sciocco... Non sappiamo neppure se a Narnia le code lunghe vadano anco-
ra di moda. Sei vanitoso come una tarkaana a Tashbaan!
 Bri, sei proprio stupido  sentenziò Aravis.
 Per la criniera del leone, tarkaana, questo non l'accetto  esclamò il
destriero, indignato.  Voglio essere bello ed elegante per rispetto di me
stesso e dei miei compagni. Mi sono spiegato?
 Bri  riprese Aravis, che non s'interessava affatto alle questioni di
coda mozzata o sfilacciata  da tempo avrei una domanda da farti. Perché
esclami sempre «Per il leone» e «Per la criniera del leone»? Pensavo che
odiassi quelle belve...
 Sì che le odio  rispose Bri  ma quando dico il leone intendo A-
slan, il liberatore di Narnia, colui che scacciò la strega e vinse l'inverno.
Tutti i Narniani lo invocano.
 Ma è un leone davvero?
 No, certo  rispose Bri, come sorpreso dalla domanda.
 A Tashbaan molte sono le leggende fiorite intorno a lui; dicono che
lo sia...  replicò Aravis.  Del resto, se non è un leone perché lo chiami
così?
 Alla tua età sono cose difficili da capire  rispose Bri.  E a pen-
sarci bene anch'io ero solo un puledro quando mi hanno raccontato la sto-
ria di Aslan; devo confessare di averci capito ben poco.
Bri parlava con la schiena rivolta al muro verde, saldo sulle zampe e con
le ascoltataci di fronte a sé. Si esprimeva con una certa aria di superiorità,
tenendo un occhio socchiuso, il che spiega perché non si accorse che Uinni
e Aravis cambiarono espressione tutt'a un tratto, spalancarono la bocca e
sgranarono gli occhi. Il motivo c'era: mentre Bri sermoneggiava dandosi
delle arie, un leone si affacciò al muro che delimitava il recinto e vi salì
con un balzo. Aravis e Uinni non ne avevano mai visto uno di quelle di-
mensioni (anche se ormai se ne intendevano abbastanza, di leoni): un ma-
gnifico animale con il pelo fulvo e lucido, tanto bello e possente da lascia-
re senza fiato per lo stupore. Poi balzò nel recinto e venne alle spalle di Bri
senza il minimo rumore. Uinni e Aravis rimasero in silenzio, incapaci di
dire una sola parola.
 Dovete sapere  proseguiva intanto Bri  che quando si dice che
Aslan è un leone si vuole dire che è forte e feroce (questo vale solo per i
nemici, naturalmente). Anche una ragazzetta come te, Aravis, dovrebbe
capire che è da sciocchi pensare che si tratti di un leone in carne e ossa. E
poi, sarebbe irrispettoso considerarlo una bestia. Se fosse un leone avrebbe
quattro zampe, la coda e i baffoni... Ah! Oh! Aiutooo!
Perché tante esclamazioni? Bri non aveva fatto in tempo a pronunciare la
parola "baffoni", che Aslan cominciò a fargli il solletico a un orecchio con
i suoi mustacchi. Bri schizzò come un fulmine dalla parte opposta del re-
cinto e solo dopo averla raggiunta trovò il coraggio di voltarsi, ma soltanto
perché il muro era troppo alto per saltarlo in un balzo e più in là non si po-
teva andare. Anche Aravis e Uinni indietreggiarono.
Ma poco dopo Uinni, tremando come una foglia, nitrì piano e trottò in
direzione del leone.
 Per favore  implorò la cavalla  ascoltami. Sei bellissimo e puoi
sbranarmi, se vuoi. Se devo essere il pranzo di qualcuno, voglio essere
sbranata da te.
 Carissima figlia  ribatté Aslan, dandole un bacio da leone sul naso
vellutato ma fremente di paura  sapevo che non avresti tardato a venirmi
incontro: che la gioia sia con te!  Poi alzò la testa e disse ad alta voce:
 E tu, Bri, povero e spaurito cavallo pieno d'orgoglio, avvicinati. Ancora
un po', figlio mio. Abbi il coraggio di toccarmi, di fiutarmi. Vedi? Ecco le
zampe e la mia coda, ecco i baffi. Sono veramente un leone.
 Aslan  sussurrò Bri con voce tremula  perdonami, sono proprio
uno stupido.
 Felice è il cavallo che se ne accorge in giovane età, il che vale anche
per gli esseri umani. Avvicinati, Aravis, figlia mia. Osserva, le mie zampe
sono di velluto. Questa volta non ti faranno alcun male.
 Questa volta? Cosa significa, signore?  chiese Aravis.
 Sono il leone che ti ha ferita  disse Aslan.  Sono l'unico che tu
abbia incontrato durante il viaggio. Sai perché ho voluto graffiarti la schie-
na?
 No, signore.
 Le ferite che porti sono identiche, goccia di sangue per goccia di san-
gue, piaga per piaga, alle sferzate che ha ricevuto la serva della tua matri-
gna. Sferzate di cui tu sei la causa, perché l'hai gettata in un sonno profon-
do. Era giusto che sapessi cosa si prova.
 Sì, signore. Scusami...
 Avanti, figlia mia, domandami quello che vuoi  aggiunse Aslan.
 Verrà fatto altro male alla serva, per colpa mia?
 Figlia  rispose il leone  è la tua storia che posso raccontarti, non
la sua.  Poi scosse la testa e parlò in un tono meno solenne e più pacato.
 Siate felici, amici miei, presto ci incontreremo ancora. Ma prima di
quel momento, riceverete un altro visitatore.  Ciò detto, con un salto
balzò sul muro e scomparve alla vista.
È strano, ma appena il leone se ne fu andato nessuno dei tre amici si sen-
tì di parlare dell'accaduto; ognuno si allontanò per proprio conto e comin-
ciò a passeggiare sull'erba soffice, immerso nei pensieri.
Mezz'ora più tardi l'eremita chiamò i due cavalli in cucina, dove aveva [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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